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Le Déserteur

Boris Vian
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OriginaleLETTERA APERTA A PAUL FABER, CONSIGLIERE MUNICIPALE
Le Déserteur

Monsieur le Président
Je vous fais une lettre
Que vous lirez peut-être
Si vous avez le temps
Je viens de recevoir
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir
Monsieur le Président
Je ne veux pas la faire
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens
C'est pas pour vous fâcher
Il faut que je vous dise
Ma décision est prise
Je m'en vais déserter

Depuis que je suis né
J'ai vu mourir mon père
J'ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants
Ma mère a tant souffert
Elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers
Quand j'étais prisonnier
On m'a volé ma femme
On m'a volé mon âme
Et tout mon cher passé
Demain de bon matin
Je fermerai ma porte
Au nez des années mortes
J'irai sur les chemins

Je mendierai ma vie
Sur les routes de France
De Bretagne en Provence
Et je dirai aux gens:
Refusez d'obéir
Refusez de la faire
N'allez pas à la guerre
Refusez de partir
S'il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
Que je n'aurai pas d'armes
Et qu'ils pourront tirer
No, signor Faber, non cerchi l'insulto dove non esiste e, se lo trovate, sappiate che siete voi ad avercelo messo. Dico chiaramente quel che voglio dire; e mai ho voluto insultare gli ex combattenti delle due guerre, i resistenti (tra i quali conto numerosi amici) e i morti in guerra (tra i quali ne contavo molti altri). Quando insulto (e non mi succede mai), lo faccio francamente, mi creda. Non insulterò mai delle persone come me, dei civili, che sono stati rivestiti con un'uniforme per poterli ammazzare come oggetti e nulla più, riempiendo loro la testa di vuote parole d'ordine e di scuse fallaci. Combattere senza sapere perché si combatte è proprio di un imbecille, e non di un eroe; eroe è colui che accetta la morte quando sa che essa sarà utile ai valori che difende. Il disertore della mia canzone altro non è che un uomo che non sa; e chi glielo spiega? Non so di quale guerra lei sia ex combattente; ma se ha fatto la prima, riconosca di essere stato più dotato per la guerra che per la pace. Chi, come me, aveva vent'anni nel 1940, ha ricevuto proprio un bel regalo di compleanno. Non faccio finta di inserirmi tra i coraggiosi: sono stato riformato in seguito a una malattia cardiaca, non ho combattuto, non sono stato deportato, non ho collaborato; e sono rimasto, per quattro anni interi, un imbecille mezzo denutrito in mezzo a tanti altri, uno che non capiva perché, per capire, sia necessario che qualcuno glielo spieghi. Oggi ho trentaquattro anni, e le dico: se si tratta di difendere coloro che amo, combatterei immediatamente. Se si tratta di morire di napalm per una guerra ignobile, come oscura pedina in una mischia guidata da interessi politici, mi rifiuto e mi do alla macchia. Farò la mia propria guerra. Il paese intero è insorto contro la guerra in Indocina quando finalmente ha saputo che cosa fosse veramente; e i giovani che si sono fatti ammazzare laggiù perché credevano di servire a qualcosa -come avevano loro detto-, io non li insulto, li piango. Tra di loro si trovavano, chissà, dei grandi pittori , dei grandi musicisti; e, sicuramente, della brava gente. Quando si vede una guerra finire in un mese per volontà di uno che non si nega certo, su questo argomento, di ricorrere a parole gloriose e fumose, si è portati a credere per forza, se mai non lo si fosse capito, che quella guerra non fosse per nulla inevitabile.






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