Originale | LETTERA APERTA A PAUL FABER, CONSIGLIERE MUNICIPALE |
Le Déserteur Monsieur le Président Je vous fais une lettre Que vous lirez peut-être Si vous avez le temps Je viens de recevoir Mes papiers militaires Pour partir à la guerre Avant mercredi soir Monsieur le Président Je ne veux pas la faire Je ne suis pas sur terre Pour tuer des pauvres gens C'est pas pour vous fâcher Il faut que je vous dise Ma décision est prise Je m'en vais déserter Depuis que je suis né J'ai vu mourir mon père J'ai vu partir mes frères Et pleurer mes enfants Ma mère a tant souffert Elle est dedans sa tombe Et se moque des bombes Et se moque des vers Quand j'étais prisonnier On m'a volé ma femme On m'a volé mon âme Et tout mon cher passé Demain de bon matin Je fermerai ma porte Au nez des années mortes J'irai sur les chemins Je mendierai ma vie Sur les routes de France De Bretagne en Provence Et je dirai aux gens: Refusez d'obéir Refusez de la faire N'allez pas à la guerre Refusez de partir S'il faut donner son sang Allez donner le vôtre Vous êtes bon apôtre Monsieur le Président Si vous me poursuivez Prévenez vos gendarmes Que je n'aurai pas d'armes Et qu'ils pourront tirer | No, signor Faber, non cerchi l'insulto dove non esiste e, se lo trovate, sappiate che siete voi ad avercelo messo. Dico chiaramente quel che voglio dire; e mai ho voluto insultare gli ex combattenti delle due guerre, i resistenti (tra i quali conto numerosi amici) e i morti in guerra (tra i quali ne contavo molti altri). Quando insulto (e non mi succede mai), lo faccio francamente, mi creda. Non insulterò mai delle persone come me, dei civili, che sono stati rivestiti con un'uniforme per poterli ammazzare come oggetti e nulla più, riempiendo loro la testa di vuote parole d'ordine e di scuse fallaci. Combattere senza sapere perché si combatte è proprio di un imbecille, e non di un eroe; eroe è colui che accetta la morte quando sa che essa sarà utile ai valori che difende. Il disertore della mia canzone altro non è che un uomo che non sa; e chi glielo spiega? Non so di quale guerra lei sia ex combattente; ma se ha fatto la prima, riconosca di essere stato più dotato per la guerra che per la pace. Chi, come me, aveva vent'anni nel 1940, ha ricevuto proprio un bel regalo di compleanno. Non faccio finta di inserirmi tra i coraggiosi: sono stato riformato in seguito a una malattia cardiaca, non ho combattuto, non sono stato deportato, non ho collaborato; e sono rimasto, per quattro anni interi, un imbecille mezzo denutrito in mezzo a tanti altri, uno che non capiva perché, per capire, sia necessario che qualcuno glielo spieghi. Oggi ho trentaquattro anni, e le dico: se si tratta di difendere coloro che amo, combatterei immediatamente. Se si tratta di morire di napalm per una guerra ignobile, come oscura pedina in una mischia guidata da interessi politici, mi rifiuto e mi do alla macchia. Farò la mia propria guerra. Il paese intero è insorto contro la guerra in Indocina quando finalmente ha saputo che cosa fosse veramente; e i giovani che si sono fatti ammazzare laggiù perché credevano di servire a qualcosa -come avevano loro detto-, io non li insulto, li piango. Tra di loro si trovavano, chissà, dei grandi pittori , dei grandi musicisti; e, sicuramente, della brava gente. Quando si vede una guerra finire in un mese per volontà di uno che non si nega certo, su questo argomento, di ricorrere a parole gloriose e fumose, si è portati a credere per forza, se mai non lo si fosse capito, che quella guerra non fosse per nulla inevitabile. |